sabato 8 gennaio 2011

Resting in the Blues

« Early this morning, when you knocked upon my door

and I said “Hello Satan. I believe it’s time to go”. »
(Stamattina presto, quando hai bussato alla mia porta / ed io ho detto: “Ciao Satana. Credo sia ora di andare”)

Conoscevamo un certo Robert che veniva dal sud, dal Mississippi, dove il fiume si apre a delta e si getta nell’oceano. Era da poco sposato con una ragazza giovanissima. Diceva di amare la musica, di saper suonare la chitarra e l’armonica. Ma noi tutti lo reputavamo un inetto, poco portato per la musica: allo strumento era goffo e patetico, assolutamente inespressivo; del resto, era bastata qualche serata con le chitarre in mano a dimostrarlo.
La moglie aspettava un bambino, e tutti e due si erano trasferiti giù a Robinsonville. Da qui in poi sappiamo solo che lei morì durante il parto e che quel Robert, quell’impacciato chitarrista, scomparve.

« I got to keep moving… blues’ falling down like hail…
There’s a hall-hound on my trail. »
(Devo muovermi / il blues viene giù come grandine / C’è un demone infernale sulle mie tracce)

Per un anno intero nessuno vide né sentì notizia di quel tale. In fondo a nessuno mancava la sua goffaggine. Qualcuno credette di riconoscerlo in una tenebrosa figura che si aggirava imbracciando una chitarra, di notte, tra le lapidi dei cimiteri di tutto il delta del Mississippi. 
Fatto sta che Robert Johnson ricomparve, ma non poteva essere più diverso e distante dall’immagine impacciata e spenta, mortificata, di quell’infelice suonatore degli inizi.
Dove era stato in quei mesi? Chi aveva incontrato? Cosa aveva visto perché il suo cantato risuonasse così simile ad un pianto straziante e glaciale? Cosa era successo alle sue mani, che così prodigiosamente “facevano parlare” le corde della chitarra? Chi o cosa aveva inferto alla sua voce quel timbro così profondo e dolente? Nessuno sapeva spiegarselo.
Iniziò a suonare nei locali. Tutti ne rimanevano strabiliati, turbati; lui aveva il blues, sembrava aver visto cose che nessun’altro poteva immaginare, orrori ancestrali, che ogni volta prendevano vita dalle sue corde vocali e dalla sua chitarra.

« I went down to the crossroad,
fell down on my knees »
(Arrivai giù al crocevia / e caddi sulle mie ginocchia)

Cominciarono così a circolare strane voci. Lui non accennava mai a nulla, ma le canzoni parlavano al suo posto…
Si venne a sapere di una mezzanotte, una buia mezzanotte di uno di quei giorni di disperato vagare. Poor Bob era caduto sulle ginocchia, sopraffatto dall’oscurità che gli incombeva sulle spalle, forse rivolgendo disperate preghiere, a Dio o al Demonio. Uno dei due gli rispose.
In quel desolato incrocio, di una zona sconosciuta, in quella notte imprecisata, Robert fu avvicinato da una strana figura. Parlarono – cosa si dissero, chi può dirlo? – forse Robert continuò a gemere e guaire sulle sue ginocchia, supplichevole…
Così ne uscì trasfigurato, così cominciò a suonare come nessun altro al mondo, a cantare storie da far venire i brividi, ad urlare e piangere con le note.
Però non era più lui. Selvaggiamente dedito alla bottiglia e al sesso facile, a stento lo ricollegavamo al vecchio Robert: era come maledetto, dannato. Si racconta che in fondo ai suoi occhi brillassero fiamme nere e perverse… un corpo senz’anima.
 
E forse senz’anima lo era davvero: quando la sua fama stava crescendo, quando il suo blues era celebre in tutto il delta, quando aveva tenuto con un discografico qualche seduta di registrazione, proprio allora fu richiamato: morì, sofferente, dopo giorni di agonia, per motivi che nessuno comprese mai.
Di lui non ci restarono che gli sconvolgenti ricordi e qualche registrazione… Aveva avuto il blues, ebbe il suo prezzo da pagare.
Chiedete in giro, vi sapranno indicare che fine fece quel che restava dell’anima di Robert Johnson alla sua morte…

« Me and the Devil
was walking side by side »
(Io e il Diavolo / camminavamo fianco a fianco)


2 commenti:

  1. Trovo il blues molto rilassante e assai confacente al mio modo di intendere la vita...
    Meglio ancora se quella che va ad incominciare si preannuncia come una giornata pallosa e interminabile... :)

    Felice di rileggerti dopo un po' di tempo!

    E.d

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  2. @Edward_Scissorhands E' un piacere riaverti qui, ma attenzione, stavolta l' articolo non è scritto da me. Si tratta della prima pubbicazione di Dario sul blog...

    Per quanto mi riguarda, trovo anch' io il blues molto rilassante. Ho conosciuto indirettamente Robert Johnson ascoltandolo, senza saperlo, nel film The Blues Brothers. E' l' autore di Sweet Home Chicago http://www.youtube.com/watch?v=O8hqGu-leFc

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