venerdì 21 gennaio 2011

Le Manoir du Diable (1896) - Georges Méliès



Dunque, premettiamo che oggi è l' anniversario di morte di uno degli scrittori più importanti del secolo scorso, Eric Arthur Blair, forse meglio noto con lo pseudonimo di George Orwell, nato il 25 Giugno del 1903, e morto appunto il 21 Gennaio del 1950.
Purtroppo non è questo il luogo più adatto per parlarne, dato che poco Orwell ha a che fare con il macabro, sebbene i suoi lavori ci mettano in guardia da Orrori tutt' altro che Umani...



Passiamo dunque all' anniversario di morte di una figura importantissima nel campo del Cinema, vale a dire il regista e illusionista francese Maries Georges Jean Méliès, nato a Parigi l' 8 Dicembre del 1861, e morto il 21 Gennaio del 1938.

Brevemente, se i Fratelli Lumière si possono considerare i padri del Cinema, due padri che non vedevano futuro per il proprio figlio, si può dire che George Méliès ne sia il patrigno.
Al rifiuto dei Lumière di vendere i propri brevetti, Méliès si vede costretto a ricreare l' invenzione dei fratelli, per poi perfezionarla.
È a lui che si deve infatti l' introduzione di tecniche oggi ritenute basilari, come ad esempio il Montaggio, usato dal regista in modo giocoso per mettere in scena nuove forme estreme di Illusionismo con cui sbalordire il pubblico.
Grazie a trucchi di montaggio, lui riesce ad esempio a far sparire oggetti e persone, semplicemente smettendo di filmare il soggetto, e poi tornare a riprendere quando questo è stato tolto dall' inquadratura, o magari è stato sostituito con un altro oggetto o un' altra persona. Si dice che lui abbia inventato questa tecnica, chiamata Stop Trick, casualmente, mentre riprendeva il traffico di una stradina di Parigi. Al passare di una carrozza, la macchina da presa smise accidentalmente di riprendere, per poi tornare a funzionare al passaggio di un carro funebre. Il relativo effetto su pellicola fu l' improvvisa e inaspettata trasformazione della carrozza nel carro funebre.
Da citare è poi l' introduzione del "colore". Si pensi che questo lavoro veniva svolto da donne che manualmente coloravano la pellicola in ogni sua parte, un fotogramma alla volta.
Grazie a geniali metodi sperimentali di impressionare e manipolare la pellicola, lui può sdoppiarsi, può trasmutarsi, può sparire e riapparire, ingrandirsi e rimpicciolirsi, muoversi più velocemente o più lentamente, può trasportare il pubblico su nuovi, bizzarri e fantastici mondi.
 Georges Méliès è in pratica colui che viene definito "l' Inventore degli Effetti Speciali", nonchè il promotore del cinema di Fantascienza, ed è da citare qui il bellissimo e iconico Le Voyage dans la Lune del 1902.

Arriviamo ora al nostro campo, poichè si attribuisce a Méliès persino la realizzazione del primo film dell' Orrore.
Si tratta della pellicola, ovviamente muta e in Bianco & Nero, Le Manoir du Diable, diretta e interpretata da Méliès nel 1896, e proiettata il 24 Dicembre dello stesso anno nel Teatro Robert Houdin di Parigi.
Così come la gran parte delle produzioni del regista, il corto presenta elementi soprannaturali, stavolta tendenti appunto ad un atmosfera più cupa, come Scheletri, Streghe, Fantasmi e Diavoli, tra cui spicca la figura di Mefistofele, interpretato dallo stesso Méliès, sempre pronto a mettersi in gioco.
Assieme a lui recita la moglie Jeanne d' Alcy, in assoluto la prima attrice cinematografica francese, qui appunto alla sua prima apparizione.
Per una durata di 3 minuti circa, il corto, nelle sue scenografie semplici, non è che l' ennesimo pretesto del regista per mettere in scena i trucchi del mestiere, e stupire tutt' oggi il suo pubblico.

Ecco il corto...

mercoledì 19 gennaio 2011

Edgar Allen Poe (1909) - D.W. Griffith

In occasione del 202° anniversario di nascita di uno dei grandi maestri della Letteratura, Edgar Allan Poe, nato a Boston il 19 Gennaio 1809, essendo difficoltoso lasciare la solita mezza bottiglia di cognac assieme alle tre rose sulla sua tomba a Baltimora, mi limito a pubblicare qui in suo onore il cortometraggio muto Edgar Allen Poe, diretto nel 1909 da uno dei grandi maestri del Cinema, David Wark Griffith, il cui anniversario di nascita cade tra l' altro a breve, il 22 Gennaio.

La pellicola ha una durata di soli 7 minuti e fu prodotta dalla American Mutoscope and "Biograph" Company in occasione del centenario della nascita delLo Scrittore.
La presentazione del cortometraggio dice << Come molti film.della Biograph di questo periodo, i cartelli testuali di Edgar Allen Poe (1909) mancano nelle copie sopravvissute. Fortunatamente, l'impatto del film di Griffith difficilmente viene sminuito dall'assenza di informazioni testuali >>.
E aggiunge << Gli storici ritengono che l'errata scrittura del nome di Poe in "Allen" sia dovuta alla fretta della Biograph di finire in tempo il film per il centenario della nascita dell'autore >>.
Il film infatti, uscì nelle sale solo l' 8 Febbraio dello stesso anno.

La trama ripercorre in modo romanzato, miscelando fantasia e tragica realtà, la composizione di uno dei più grandi lavori del Maestro, il poema The Raven, il Corvo.

Ad interpretare il poeta troviamo Herbert Yost, mentre Virginia, moglie del poeta, è Linda Arvidson, moglie dello stesso Griffith.

" E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora è posato
sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza,
e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna;
e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento,
e la mia, fuori di quest'ombra, che giace ondeggiando sul pavimento
non si solleverà Mai Più! " 



giovedì 13 gennaio 2011

The Call of Cthulhu (2005) - Andrew Leman

 « Ph'nglui mglw'nafth Cthulhu
R'lyeh wgah'nagl fhtagn »
( Nella sua dimora di R'lyeh il morto Cthulhu attende sognando )

Attenti agli Spoiler... 
"Il paziente di un manicomio,  un uomo il cui nome non ci viene rivelato, un uomo dall' aria tuttavia lucida, sebbene visibilmente turbato e malinconico, scongiura il suo psichiatra di dare alle fiamme un misterioso Diario, perchè nessun altro venga a conoscenza di ciò che vi è scritto.
Si tratta del Diario ereditato, assieme ad altri documenti, alla morte di un suo vecchio prozio, il Professor Angell, un Archeologo.
Le pagine, gli appunti e gli articoli di giornale correlati, hanno stranamente tutti a che fare con enigmatici avvenimenti accaduti pochi anni prima in ogni parte del mondo, tutti nella settima attorno al 27 Marzo 1927, avvenimenti su cui l' archeologo aveva deciso di indagare, così come il suo nipote dopo di lui.
Le loro scoperte, attraverso le dirette testimonianze di sinistri individui, oniriche e spaventose visioni di ciclopiche e antiche città ormai in rovina, e isterici e macabri rituali, riveleranno l' esistenza del Culto della "divinità" Cthulhu.
Quello che si ode è il suo orribile Richiamo, e non può che portare chi lo segue alla Follia e, poi, alla Morte..."

 The Call of Cthulhu è un film muto del 2005, diretto da Andrew Leman, che produce la pellicola assieme allo sceneggiatore Sean Branney.
Questa piccola perla è il primo adattamento cinematografico di quella che è probabilmente la più conosciuta fra le opere dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft, ovvero l' omonimo racconto The Call of Cthulhu, il Richiamo di Cthulhu, scritto nel 1926 (e chi non ha mai sentito parlare di Cthulhu sarà il primo a perire sotto i suoi tentacoli al suo risveglio).

Il film è distribuito dalla H.P. Lovecraft Historical Society, "HPLHS", di cui Leman è co-fondatore, società che promuove la realizzazione di Opere Letterarie, Film, Musiche, Giochi, Spettacoli Teatrali e Radiofonici basati sulla produzione dello scrittore di Providence.
La tecnica utilizzata è quella del Mythoscope, che, combinando varie tecniche cinematografiche, permette alla pellicola di assumere le affascinanti atmosfere, rigorosamente in Bianco & Nero, dei film horror dei primi anni "20, accordandosi così al periodo in cui si svolge la trama, nonchè a quello in cui la storia è stata scritta e pubblicata.
Il tutto, recitazione e musiche incluse, funziona molto bene, e, a parte qualche piccolissima pecca a livello tecnico, risulta molto suggestivo e coinvolgente, non per nulla è vincitore di diversi premi...

La trama rimane abbastanza fedele a quella dell' opera di Lovecraft, e se ne distacca giusto in qualche piccolo passo non troppo rilevante.
I fondali e i modellini usati per alcune scene sono semplici ma ben realizzati, sebbene a volte si noti abbastanza l' uso del Green Screen.
A quanto pare l' uso del Bianco & Nero ha aiutato non poco, dato che, eliminando totalmente il problema del colore, non è stato necessario spendere troppo tempo nella decorazione del set.
Le visioni oniriche mi hanno riportato alla mente la spigolosità degli scenari dell' espressionista das Cabinet des Dr. Caligari, il Gabinetto dei Dottor Caligari, diretto nel 1920 da Robert Wiene, oltre che il Tim Burton dei primi periodi, che comunque probabilmente si rifà a sua volta all' espressionismo tedesco (ad esempio l' Edward Scissorhands di Burton mi ricorda alla lontana il Cesare di Wiene).
Non ho apprezzato tantissimo la resa estetica di Cthulhu, troppo smilzo rispetto all' immagine imponente che ne avevo in mente, ma rimane buono l' uso dello Stop Motion che gli da le movenze.
Diciamo che il film alterna scene davvero perfette a scene che potevano esser realizzate meglio...

Volendo c'è anche il sito ufficiale, all' indirizzo www.cthulhulives.org/cocmovie/index.htm, dove si può leggere una sorta di Diario di Realizzazione, trovare maggiori informazioni sul cast, e ascoltare le musiche del film, in più ci si può ricollegare al sito della HPLHP per dare una sbirciata ai progetti futuri.
È possibile vedere la pellicola in streaming a questo indirizzo su megavideo. La durata è di soli 46:44 minuti.

Piccola parentesi, ho scoperto che il nome del professor Angell deriva probabilmente da Angell Street, strada in cui Lovecraft ha vissuto nella sua infanzia.
Da sottolineare il piccolo cameo, nella primissima scena del film, del dipinto Notte Stellata, di Vincent van Gogh.

The Call of Cthulhu è un film muto del 2005, basato sull' omonimo Capolavoro di H.P. Lovecraft.
Qui il trailer...

sabato 8 gennaio 2011

Resting in the Blues

« Early this morning, when you knocked upon my door

and I said “Hello Satan. I believe it’s time to go”. »
(Stamattina presto, quando hai bussato alla mia porta / ed io ho detto: “Ciao Satana. Credo sia ora di andare”)

Conoscevamo un certo Robert che veniva dal sud, dal Mississippi, dove il fiume si apre a delta e si getta nell’oceano. Era da poco sposato con una ragazza giovanissima. Diceva di amare la musica, di saper suonare la chitarra e l’armonica. Ma noi tutti lo reputavamo un inetto, poco portato per la musica: allo strumento era goffo e patetico, assolutamente inespressivo; del resto, era bastata qualche serata con le chitarre in mano a dimostrarlo.
La moglie aspettava un bambino, e tutti e due si erano trasferiti giù a Robinsonville. Da qui in poi sappiamo solo che lei morì durante il parto e che quel Robert, quell’impacciato chitarrista, scomparve.

« I got to keep moving… blues’ falling down like hail…
There’s a hall-hound on my trail. »
(Devo muovermi / il blues viene giù come grandine / C’è un demone infernale sulle mie tracce)

Per un anno intero nessuno vide né sentì notizia di quel tale. In fondo a nessuno mancava la sua goffaggine. Qualcuno credette di riconoscerlo in una tenebrosa figura che si aggirava imbracciando una chitarra, di notte, tra le lapidi dei cimiteri di tutto il delta del Mississippi. 
Fatto sta che Robert Johnson ricomparve, ma non poteva essere più diverso e distante dall’immagine impacciata e spenta, mortificata, di quell’infelice suonatore degli inizi.
Dove era stato in quei mesi? Chi aveva incontrato? Cosa aveva visto perché il suo cantato risuonasse così simile ad un pianto straziante e glaciale? Cosa era successo alle sue mani, che così prodigiosamente “facevano parlare” le corde della chitarra? Chi o cosa aveva inferto alla sua voce quel timbro così profondo e dolente? Nessuno sapeva spiegarselo.
Iniziò a suonare nei locali. Tutti ne rimanevano strabiliati, turbati; lui aveva il blues, sembrava aver visto cose che nessun’altro poteva immaginare, orrori ancestrali, che ogni volta prendevano vita dalle sue corde vocali e dalla sua chitarra.

« I went down to the crossroad,
fell down on my knees »
(Arrivai giù al crocevia / e caddi sulle mie ginocchia)

Cominciarono così a circolare strane voci. Lui non accennava mai a nulla, ma le canzoni parlavano al suo posto…
Si venne a sapere di una mezzanotte, una buia mezzanotte di uno di quei giorni di disperato vagare. Poor Bob era caduto sulle ginocchia, sopraffatto dall’oscurità che gli incombeva sulle spalle, forse rivolgendo disperate preghiere, a Dio o al Demonio. Uno dei due gli rispose.
In quel desolato incrocio, di una zona sconosciuta, in quella notte imprecisata, Robert fu avvicinato da una strana figura. Parlarono – cosa si dissero, chi può dirlo? – forse Robert continuò a gemere e guaire sulle sue ginocchia, supplichevole…
Così ne uscì trasfigurato, così cominciò a suonare come nessun altro al mondo, a cantare storie da far venire i brividi, ad urlare e piangere con le note.
Però non era più lui. Selvaggiamente dedito alla bottiglia e al sesso facile, a stento lo ricollegavamo al vecchio Robert: era come maledetto, dannato. Si racconta che in fondo ai suoi occhi brillassero fiamme nere e perverse… un corpo senz’anima.
 
E forse senz’anima lo era davvero: quando la sua fama stava crescendo, quando il suo blues era celebre in tutto il delta, quando aveva tenuto con un discografico qualche seduta di registrazione, proprio allora fu richiamato: morì, sofferente, dopo giorni di agonia, per motivi che nessuno comprese mai.
Di lui non ci restarono che gli sconvolgenti ricordi e qualche registrazione… Aveva avuto il blues, ebbe il suo prezzo da pagare.
Chiedete in giro, vi sapranno indicare che fine fece quel che restava dell’anima di Robert Johnson alla sua morte…

« Me and the Devil
was walking side by side »
(Io e il Diavolo / camminavamo fianco a fianco)