mercoledì 24 novembre 2021

Il Bruco - 芋虫 Imo-mushi (2009) - Suehiro Maruo

"Hai gettato via completamente i tuoi desideri prendendoti cura di lui con perseverante pazienza. Anche se è una cosa che viene da sé, visto che sei sua moglie.”


Il Bruco  - 芋虫 Imo-mushi è un manga di Suehiro Maruo pubblicato per la prima volta in Giappone nel 2009, adattamento dell’omonimo racconto di Ranpo Edogawa del 1929.

La trama, ambientata in Giappone nel primo dopoguerra, segue il dramma psicologico e fisico di Tokiko, giovane donna costretta a fare da badante - se non schiava - a suo marito, il tenente Sunaga. Sunaga è un reduce di guerra, tornato in patria da eroe ma terribilmente sfigurato e gravemente menomato. Ormai ridotto ad un torso umano, ha perso tutti gli arti, l’udito e la capacità di parlare. È un bruco, un freak ripugnante alla vista e impossibilitato ad occuparsi di se stesso e a relazionarsi autonomamente con il mondo esterno, mantenuto in vita unicamente dalle cure della moglie. Da precisare è che Sunaga ha perso ogni arto ma non è evirato, è ancora un “uomo”, e nella società in cui si muovono ciò basta a far sì che lui possa esercitare il proprio potere su Tokiko, colei che in quanto moglie non è che una sua estensione ed è quindi socialmente costretta a vivere la sua stessa situazione di handicap. Un potere che il tenente esercita innanzitutto attraverso la sua morbosa fame sessuale, unica forma  di “sfogo” e unico mezzo di comunicazione con la moglie.

Persino l’ultimo fra gli uomini è da considerarsi superiore ad una qualsiasi donna. Su Titiko grava inoltre la “maledizione” di non riuscire ad avere figli, cosa che la mette in cattiva luce e non le permette di ricoprire quello che è considerato dalla società il suo scopo.La trama procede analizzando il rapporto e la psicologia dei due, con particolare attenzione a Tokiko, la cui propriocezione è altalenante da momenti in cui soffre la propria condizione di schiava ad altri in cui si autoconvince di avere il controllo del marito e di essere quindi in una posizione di superiorità.

Come gran parte della produzione di Maruo l’opera ricade nel genere ero guru nansensu, vale a dire quella corrente artistica che mescola elementi erotici al grottesco.Il comparto grafico/artistico ci restituisce nulla di meno di quel che ci si aspetti da un autore come Maruo, le cui illustrazioni seppur con il solo ausilio del bianco e del nero riescono perfettamente a restituire un’idea di orrido, viscido e repellente, concedendosi al surreale esclusivamente per le sequenze oniriche, e mantenendosi per il resto sempre nel nauseante plausibile. Non c’è bisogno di rappresentare un qualcosa di fantasticamente mostruoso se già la realtà lo è. 

Non si risparmia specialmente nelle scene degli amplessi, sempre espliciti e sempre focalizzati carnalmente su di lui, ad esacerbarne l’aspetto ripugnante e disgustosamente carnale, e psicologicamente su di lei, vittima costretta a subire quegli atti.Ironico che nell’edizione italiana curata da Coconino Press nel 2012 tali sequenze siano state malamente edulcorate, non solo interrompendo il tratto di Maruo tramite delle veline semitrasparenti, ma lasciando intendere inoltre che gli aspetti sessuali siano ciò che di più orribile il volume stia mettendo in scena.

Grande importanza è inoltre data alla rappresentazione del setting. Maruo decide di giocare su due “luoghi”: il concetto di esterno, fatto prevalentemente di campi lunghi e paesaggi rurali aperti e luminosi, quasi a sottolineare il senso di libertà provato da Titiko nell’allontanarsi dalla casa; e il concetto di interno, nel raffigurare la “prigione” che mai Sunaga può lasciare e in cui anche Titiko si ritrova schiacciata, un’unica stanza opprimente e buia, claustrofobica, in cui a predominare è il nero delle chine.

L’importanza di questo adattamento sta nelle domande che ci impone di porci circa i ruoli che gli individui sono costretti a perseguire dalla nostra società. È questa storia da considerarsi una situazione strettamente legata a modi e costumi di un mondo cronologicamente e geograficamente lontano, o è forse metafora di atteggiamenti e forma mentis contemporanei?